Storia del vinile

in #story7 years ago (edited)

La moda e il nuovo interesse per i vinili sono portati avanti da persone che li ascoltano da decenni, per meriti anagrafici, e da altre più giovani che non partecipano al fenomeno per nostalgia quanto per attrazione verso uno degli oggetti più iconici del secolo scorso. Spesso la passione per i dischi in vinile si accompagna a una buona conoscenza: sia della musica sia delle cose tecniche necessarie per sentirla, la musica. Ma può darsi che tra chi si è avvicinato solo di recente ai vinili, o tra chi non si è avvicinato ma ne è comunque incuriosito, ci sia un po’ di confusione sul perché alcuni dischi siano più grossi di altri, sul perché alcuni si chiamino 33 giri e altri 45 giri, su come ci siamo arrivati ad ascoltarli, i vinili, e su quando ci siamo arrivati.
Il primo strumento sul quale l’uomo ha fatto girare un disco per sentire della musica è stato il grammofono, inventato negli Stati Uniti dal tedesco Emile Berliner, alla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento. Il grammofono avrebbe presto sostituito un’altra invenzione, che era stata a sua volta rivoluzionaria, anche se non ebbe una vita molto lunga. Thomas Alva Edison, che il mondo ricorda soprattutto per avere inventato la lampadina, aveva perfezionato una decina di anni prima un aggeggio che permetteva di riprodurre musica grazie a dei cilindri di ottone ricoperti con un foglio di carta stagnola, sui quali era impresso un solco da una puntina collegata a una membrana. Le vibrazioni della membrana, causate dal propagarsi dei suoni, facevano oscillare la puntina, che incideva la carta stagnola. Per riprodurre il suono registrato si applicava il processo inverso: una puntina leggeva i solchi sulla stagnola e faceva vibrare un’altra membrana, più elastica.
La prima evoluzione del fonografo, di Edison, arrivò quando nel 1880 i laboratori Bell sostituirono la carta stagnolA,che aveva usara frequente, con uno strato di cera, sulla quale veniva inciso il solco.
Gli apparecchi per riprodurre i cilindri erano ancora rari, presenti praticamente solo in alcuni locali (funzionavano come primitivi juke-box) e permettevano sia di registrare sia di riprodurre la musica o la voce: questo fu uno degli elementi che riuscì a prolungare la vita dei cilindri fonografici, che rimasero il principale supporto per la musica fino ai primi anni del Novecento.
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, il contenuto dei dischi o cilindri era soprattutto musica popolare o brevi monologhi comici. Dato che registrare non era facile, venivano utilizzati solo gli strumenti dal suono più potente, come gli ottoni, e le canzoni e gli sketch comici erano praticamente urlati. La maggior parte dei grammofoni na0395ha-9402_grammofono_dischi_giradischi_legno.jpg
[Grammofono a manovella ].
esistenti era in posti pubblici, come le taverne, che chiedevano dei soldi ai clienti per suonare le canzoni che volevano. Nelle grandi città nacquero anche esercizi commerciali pensati appositamente per permettere alle persone di ascoltare musica o monologhi su richiesta.
I primi grammofoni erano alimentati a manovella, e quindi la velocità alla quale veniva fatto girare il disco dipendeva dall’utilizzatore. Ovviamente c’era un numero di giri al minuto corretto, che veniva infatti indicato sul disco e poteva variare inizialmente tra i 60 e i 130. Alla fine dell’Ottocento furono messi sul mercato fonografi e grammofoni a molla, più affidabili, e ancora più avanti, negli anni Venti, furono attrezzati con un motore elettrico, che quindi consentiva di mantenere una velocità costante: nei primi vent’anni del Novecento i grammofoni si diffusero tra il grande pubblico, anche tra le persone meno ricche grazie alla progressiva diminuzione dei prezzi e alla nascita di generi nuovi, come il jazz. Il riconoscibile corno dei primi grammofoni cominciò a essere nascosto sotto il piatto per motivi estetici, e dal 1904 la RCA cominciò a incidere i dischi su entrambi i lati, per aumentare il numero dei minuti di musica.
A partire dalla metà degli anni Venti fu scelta la velocità di 78 giri al minuto. 78.jpg
[78 rpm - 10" / 10 INCH (Letture: solo 78 rpm)].
Dopo i primi esperimenti di Berliner con lo zinco e la cera, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento il materiale principale usato per produrre i dischi fu la gommalacca, cioè il risultato della lavorazione delle secrezioni di un particolare insetto simile alla cimice, raccolte sugli alberi in Asia. In realtà furono anni di sperimentazioni con varie materie prime, finché una ebbe più successo delle altre: nel 1931 la RCA Victor, cioè il nome che aveva assunto la società di Berliner, introdusse il vinile, un materiale plastico resistente e leggero, molto adatto come supporto ma che era ancora troppo costoso da utilizzare.
Il passaggio dalla gommalacca al vinile fu praticamente contemporaneo a quello dal 78 giri al 33 giri, ed entrambi furono molto graduali. 612px-Disco_de_Vinilo.jpg
[33 rpm - 12" / 12 INCH (Letture: 45 rpm e/o 33⅓ rpm)].
Alla fine fu la Columbia Records a presentare, nel 1948, il “long playing” (LP) in vinile per come lo conosciamo oggi: la sua incisione avveniva tramite microsolco, una tecnica resa possibile dalle qualità del vinile che permetteva di far stare molte più informazioni nel disco e quindi di prolungarne la durata. Pochi mesi dopo, RCA Victor rispose a Columbia introducendo sul mercato un vinile a microsolco a 45 girifac904ca954b241461905f89ef71c928.jpg
[45 rpm - 7" / 7 INCH (Letture: 45 rpm e/o 33⅓ rpm)].
con un diametro di circa 18 centimetri (contro i 30 centimetri degli LP di Columbia). Il buco al centro dei 45 giri, quello per fissare il disco al piatto, era più grande e incompatibile con quello degli LP.
I 45 giri potevano contenere una canzone di pochi minuti per lato, e RCA li presentò subito come formato per i singoli, cioè per canzoni pubblicate autonomamente. Tradizionalmente, sul lato A del 45 giri veniva incisa la canzone più forte, mentre quella sul lato B poteva essere anche un semplice riempitivo.
Ma RCA mise sul mercato anche gli “extended play” (gli EP), che aumentando il numeri di solchi e diminuendo di conseguenza la qualità della registrazione – permettevano di mettere sui dischi due canzoni per lato.
Iniziò quindi una “guerra dei formati”, tra 33 giri e 45 giri, tra Columbia e RCA Victor. Sia i 33 giri che i 45 giri sarebbero rimasti in commercio, ma i primi ebbero da subito più successo: anche RCA cominciò a produrli a partire dal 1950, periodo in cui i giradischi cominciarono a essere “a tre velocità”, costruiti cioè in modo da poter riprodurre tutti i formati (compresi i 78 giri), utilizzando un adattatore per riempire il buco più largo dei 45 giri.
Con gli LP, i minuti aumentarono fino a più di venti per ogni lato. Inizialmente furono impiegati soprattutto per la musica classica, perché consentivano di raccogliere intere opere prima divise su più dischi da 78 giri. Ma in poco tempo il formato dei 33 giri cambiò radicalmente la musica, nacque così l’album, che rimane ancora oggi il principale medium musicale per gli artisti.
L’ultima grande rivoluzione tecnica dei dischi in vinile fu la registrazione in formato stereo: prima, i dischi erano tutti monofonici: il suono usciva cioè dal diffusore come unico flusso. La registrazione stereofonica fu inventata dall’ingegnere di EMI Alan Dower Blumlein nel 1931, che progettò un sistema per incidere due canali in un solo solco, sfruttando oltre al movimento orizzontale della puntina anche quello verticale. Le due distinte informazioni venivano lette indipendentemente e trasformate in due canali diversi nella diffusione del suono, mantenendo comunque la compatibilità con i giradischi mono, che continuavano a leggere solo uno dei due canali. I primi dischi in formato stereo furono messi in commercio solo alla fine degli anni Cinquanta.
Sono stati prodotti anche dischi con diametri diversi (per esempio 16 pollici usato in ambito radiofonico) e con velocità di rotazione diverse (16,6 giri al minuto) per ottenere una maggiore durata sebbene a scapito della fedeltà. I dischi a 16 giri furono prodotti per lo più negli anni cinquanta e sessanta, soprattutto negli USA. Le dimensioni di un 16 giri, contrassegnato dalla sigla LLP, sono le stesse di un LP 33 giri (12 o 10 pollici), la durata della riproduzione è di circa 60 minuti per facciata. In Italia la produzione di 16 giri fu scarsissima, la Durium e la Fonit adottarono questa velocità in alcune edizioni musicali.
Nei dischi microsolco la gommalacca è stata sostituita da una resina termoplastica, il PVC. Da questo materiale deriva la denominazione vinile usata per indicare i dischi prodotti con questa tecnologia.
Il colore del supporto è tipicamente nero, anche se sono stati realizzati per motivi commerciali dischi in vinile colorato (soprattutto Maxi-single).
I dischi in vinile vengono stampati a caldo per mezzo di una pressa idraulica, utilizzando una matrice realizzata in metallo a partire da un master principale, una sorta di primo disco ottenuto incidendo (si veda Fonoincisore) con la massima precisione i suoni originali (provenienti da registrazioni su supporto magnetico ottenute in sala di registrazione) su cera o guttaperca. Il disco così ottenuto, un "positivo", viene sottoposto a verniciatura con cloruro di argento e stagno. Questa è una sostanza elettroconducente, che permette al bagno galvanico di far sì che sul disco si depositi uno strato di nichel. Da questo supporto si ottiene un primo detto in gergo "negativo", dal quale viene generata una copia metallica chiamata "madre". Questa copia presenta, come il disco di origine, i solchi incisi. La matrice così ottenuta viene ascoltata e osservata al microscopio per verificare la presenza di imperfezioni.
Ripetendo nuovamente il procedimento galvanico (per ispessire il supporto), si ottengono gli stampi definitivi che verranno utilizzati per pressare il vinile.
Il disco che tutti noi conosciamo ha origine da un ammasso gommoso di cloruro di polivinile chiamato "biscotto", che viene inserito nella pressa a caldo, insieme alle etichette delle rispettive facciate. La pressa forma il disco e imprime sul vinile i solchi. Dopo la pressatura e il raffreddamento, il disco presenta i bordi frastagliati; occorrerà quindi rifilarlo mediante una rifilatrice che dà al disco la forma definitiva.
Infine il suono del disco / vinile è riprodotto analogicamente; per la riproduzione l'informazione sonora viene letta per mezzo di una puntina, in diamante o altro materiale sintetico, posta sul solco inciso. La rotazione del disco fa sì che la puntina generi vibrazioni derivanti dall'irregolarità del solco che, per mezzo dello stilo su cui è montata, vengono portate ad un trasduttore (fonorivelatore).

Font:

  1. http://www.ilpost.it/2017/04/22/dischi-vinile/
  2. https://it.wikipedia.org/wiki/Disco_in_vinile

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