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Con questo post partecipo prepotentemente fuori concorso al contest settimanale di @spi-storychain che oggi vede come tema il monologo tragico e come ambientazione il letto.

Buona lettura



Era terminata un'altra giornata.

Fotocopia della precedente e di quella che sarebbe venuta.

Il gesto più eretico della giornata arrivò come sempre alla fine di essa: accendo la tv e faccio zapping prima di andare a letto cercando nei mille cataloghi on demand qualcosa che mi ispiri.

Sono a letto, posso rilassarmi e abbassare la guardia dopo circa 15 ore trascorse a leggere mail, perder tempo, stare attento a come parlo, cosa scrivo, come lavoro. E poi il traffico e le 2 ore perse in auto per raggiungere quel lavoro che non mi lascia nulla nell'animo. E poi la casa dolce casa dove finalmente tiro un sospiro di sollievo ma dove c'è sempre tanto da fare per impedire che crolli sulla tua testa o diventi un appartamento degno di una visita di Marie Kondo.

Arriva lei e spero tanto non sia uno di quei giorni.

Mi chiede di passarle il telecomando e di farmi più in la.

La guerra psicologica ha inizio.

Basta uno sguardo errato per scatenare l'inferno. Una parola ed io sarò dannato!

Ed eccoci qui...l'ho detta. Non ho contato fino a 10 ed eccomi qui ad aspettare la fine di questo tragico monologo che di tanto in tanto si abbatte su di me.

Oramai aggiungo anche questo momento di puro scazzo alla mia routine.

Il repertorio è variegato seppur immutabile.

Si va dal non avere idee chiare sul futuro, dal non sapere cosa fare della propria vita fino a rivangare il passato, quella serata, quella vacanza, quella cena, quell'occasione mancata o quell'occasione sfruttata male.

E poi si vira sull'ordine e la pulizia della casa e la manutenzione da fare alla macchina o al giardino.

Si ricomincia da capo quando tutto sembrava stesse finendo ed il catalogo degli insulti si arricchisce di nuovi vocaboli e nuove storie.

Il passivo - aggressivo non va mai fuori moda e dunque eccoci arrivati al momento della gelosia che gelosia non è, della libertà che libertà non è, della condivisione che condivisione non è.

Inizialmente mi infuriavo. Controbattevo ad ogni accusa. Portavo le prove. Ci stavo male. Rimuginavo.

Adesso resto zitto e aspetto che il monologo finisca.

Mi comporto un po come quei pescatori che si rifugiano in una grotta di fortuna quando si accorgono che la tempesta è troppo forte per proseguire verso il porticciolo.

Inutile remare, inutile chiamare soccorsi, inutile pregare. La tempesta quando si abbatte non è fermabile.

E allora anche io mi nascondo nella mia grotta mentale per un po. Spengo la tv. Ascolto con attenzione ma nel frattempo immagino una vita senza incazzature, senza puntualizzazioni, senza polemiche.

E mi ritrovo solo in una grotta.

Nudo e senza nessuno a cui rivolgere la parola.

Che vita sarebbe?

Forse migliore di questa....o forse no.

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