La leggenda di Net, il fiore del deserto.
Questo racconto è stato scritto per partecipare a Theneverendingcontest n° 12 S2-P3-I1 di @spi-storychain sulla base delle indicazioni del vincitore precedente @sbarandelli
Tema: La sfinge
Ambientazione: Antico Egitto
Anubi: dio dalla testa di sciacallo protettore degli imbalsamatori e del mondo dei morti, che accompagnava il defunto attraverso le prove ed il giudizio divino
Khetemu-Netjer: sacro imbalsamatore, letteralmente: cancelliare del dio (Anubi)
Ba: Parte dell’anima che si reca, dopo la morte, nell’aldilà
Ka: Parte dell’anima che resta, dopo la morte, a dimorare nel corpo del defunto
Duat: Aldilà
Maat: dea della giustizia, che pesava su una bilancia la purezza del cuore del defunto rispetto alla sua piuma
La leggenda di Net, il fiore del deserto
La morte era una vecchia amica di Sefireth, e lui non l’aveva mai temuta. Nutriva, anzi, una particolare attrazione per essa da sempre, poiché il grande dio Anubi gli era apparso in sogno da bambino, e tendendogli la mano gli aveva ingiunto <<Seguimi!>>. Una settimana dopo era stato iniziato ai misteri dell’imbalsamazione presso i Grandi Sacerdoti del Culto dei Morti, a cui lui e suo fratello erano nati predestinati, consacrati dalla famiglia come sacerdote imbalsamatore l’uno e come scriba reale del Libro dei Morti per la famiglia del faraone l’altro.
Non aveva temuto la morte nemmeno quando Anubi aveva chiamato a se i suoi genitori, poco dopo essere stato consacrato Khetemu-Netjer, Cancelliere del Dio: lo riteneva il giusto tributo per il grande onore che gli era stato concesso, ed aveva espletato lui stesso i rituali di imbalsamazione dei corpi per renderli una degna dimora dei ka ed i rituali di purificazione dello spirito affinché i loro ba venissero giudicati da Maat ed accompagnati da Anubi al cospetto di Osiride nel Duat.
Non aveva pianto nemmeno quando sette anni prima Anubi gli era ancora apparso in sogno, e senza dire una sola parola aveva puntato lo sguardo ed il dito verso sua moglie Nunat. La donna aveva da pochi giorni partorito una bambina, affidata alle balie, e, nonostante gli intrugli ed i cataplasmi applicati dai medici della corte, era morta in preda alle febbri pochi giorni dopo. Durante l’imbalsamazione, Anubi aveva di nuovo parlato a Sefireth, ed in una visione gli aveva promesso una discendenza divina numerosa se avesse onorato la morta del suo amore. Sefireth aveva obbedito all’ordine del dio, e durante i rituali di invocazione delle divinità per la defunta che stava imbalsamando, aveva per l’ultima volta cosparso il grembo della moglie col proprio seme, che avrebbe generato numerosi figli nell’aldilà, dove lui un giorno li avrebbe raggiunti.
La morte era la sua stessa vita, e come una vecchia e sacra amica veniva rispettata ed onorata.
Tuttavia, da quando era nata sua figlia, sentiva qualcosa che aveva iniziato a corrodere quella solenne serenità che nutriva verso il trapasso. La bambina era stata chiamata Net, fiore, perché tale al padre appariva, ed era cresciuta bellissima e vivace come il più delicato e raro fiore di loto nelle oasi del deserto. Sefireth, che non aveva mai temuto la morte né per se né per nessuno dei propri familiari, cominciò a pregare Anubi che preservasse a lungo in vita il suo prezioso Fiore del Deserto, poiché Net era la prima cosa che aveva risvegliato in lui un amore profondo e puro. Si era avvicinato anche al culto di Hator, la dea dell’amore e della bellezza, affinché la proteggesse e la facesse crescere sana e bella. Sperava che le attenzioni rivolte alla dea non provocassero l’ira di Anubi, che da sempre proteggeva la sua famiglia, il suo sacro compito e la sua vita stessa. A lui continuava a dedicare con attenzione e devozione la propria vita e la propria opera, ma dopo la morte della moglie non aveva più ricevuto sue visite in sogno o in veglia.
La piccola Net, nel frattempo, assecondava il desiderio paterno, crescendo ogni giorno in bellezza e vivacità. A cinque anni era diventata la compagna di giochi preferita di Neferuru, l’unica figlia del defunto faraone Thutmose e di sua moglie Hatshepsut. Neferuru, che aveva la sua stessa età, le voleva molto bene e si era legata ancora di più a lei da quando la madre Hatshepsut aveva assunto il potere del regno come Reggente, in attesa che il fratellastro di Neferuru, Thutmose, fosse in età per sposarla e legittimare con questo matrimonio la sua ascesa come prossimo Faraone d’Egitto.
Net e Neferuru trascorrevano le giornate insieme, a corte, recandosi di rado in città. Tuttavia il mese precedente il compimento dell’ottavo anno di età di Neferuru, la Reggente Hatshepsut aveva deciso di effettuare un viaggio a Giza con gli architetti reali per trovare un degno luogo ove costruire, all’ombra delle Grandi Piramidi e della Sacra Sfinge, la propria dimora ultraterrena. Avrebbe portato con se la figlia e futura sovrana, la quale non voleva separarsi dall’amica Net. Il cancelliere del dio Anubi non aveva potuto sottrarsi al volere della Reggente: la figlia avrebbe accompagnato a Giza Neferuru e la Regina Hatshepsut.
Il giorno della partenza, il maestoso convoglio Reale si era radunato sotto la scorta della guardia che li avrebbe guidati attraverso l’Alto Egitto verso Nord, fino alla città di Giza. Sefireth accompagnava per mano la figlia, seguito dalla balia e dalle schiave che se ne sarebbero prese cura fino al suo ritorno. Mentre l’abbracciava si accorse che, per quanto eccitata dall’avventura, Net aveva le lacrime agli occhi. <<Cosa c’è, mio dolce Fiore del Deserto? Non devi piangere, è un onore accompagnare la Regina e la Principessa a visitare le dimore ultraterrene dei loro antenati. Ricordati di pregare Anubi, il protettore della nostra famiglia e della morte, come ti ho insegnato, e di rendergli omaggio ogni volta che potrai.>>. <<Si padre,>> rispose la piccola, <<Penso solo che mi mancherai tanto, ho paura quando tu non sei abbastanza vicino da poterti mandare a chiamare col più veloce dei nostri schiavi!>>.
Il viso solitamente solenne del padre si addolcì un momento e con un sorriso estrasse dalla tasca un bracciale in osso e lapis raffigurante Anubi ed il kheperer, lo scarabeo sacro. Mettendoglielo al polso le disse: <<Questo ti proteggerà.>> e prima di separarsi definitivamente, le promise che il prossimo viaggio lo avrebbero fatto insieme. Mentre la abbracciava un’ultima volta, un alito di vento che non sentiva da anni ma che riconobbe all’istante gli sussurrò con voce profonda <<Sarà mia. Dille addio.>>. Ebbe una fitta al cuore e strinse più forte al suo petto la figlioletta. "Ti voglio bene Net. Addio mio delizioso Fiore del Deserto", le sussurrò mentre la issava sulla portantina reale di Neferuru.
Avrebbe voluto maledire il nome del dio Anubi e di tutti gli dei! Perché dopo tutti quegli anni di silenzio aveva deciso di parlargli ancora in quell’occasione, con quelle parole? Perché, dopo aver consacrato tutta la sua vita ad obbedire ad Anubi e celebrare il sacro culto dei morti le si voleva strappare l’unica gioia che avesse mai avuto? Per tutte le notti successive Sefireth non riuscì a dormire, e si recava presso il tempio di Anubi ad offrire sacrifici e pregare il dio di non togliergli sua figlia. Una notte, durante un complesso rito per propiziarsi il dio sciacallo, inebriato dagli incensi e dalla stanchezza Sefireth si addormentò profondamente ai piedi dell’altare. Fece il sogno più vivido che avesse mai fatto: Anubi lo invitava a prenderlo per mano e passeggiare con lui in una splendida oasi nel deserto, dove gli mostrava una pozza di acqua cristallina con al centro numerose ninfee ed un unico, magnifico fiore di loto, fra i cui petali si nascondeva uno scarabeo sacro. Una sfinge vegliava su di loro, e di tanto in tanto allungava una zampa per irrorare delle fresche acque i petali dei fiori, facendoli risplendere di gocce di rugiada. <<Ecco la discendenza che ti ho promesso. Ti attende nel Duat con tua moglie, che come ti avevo comandato tu hai fecondato prima che partisse per l’aldilà. Mi hai servito bene, ed oggi anche il tuo adorato Fiore del Deserto si è riunito alla sua famiglia ultraterrena. Ti attendono nella beatitudine di questa oasi divina, ma tu devi ancora servire per molti anni il dio sciacallo. Ti svelerò nuovi segreti per condurre il ka intatto verso l’eternità.>>. Tutto attorno l’oasi scomparve, ed in un istante Sefireth si ritrovò immerso nell’oscurità, mentre la sua mente veniva investita dalle immagini che Anubi soffiava sui suoi occhi.
Si svegliò di soprassalto, madido di sudore, con la dolorosa consapevolezza che Net era morta, e che sarebbero passati innumerevoli anni prima che la potesse riabbracciare. Per la prima volta nella sua vita da quando era un bambino e non era stato ancora iniziato al culto dei morti di Anubi, Sefireth pianse dolorosamente. Quando anche gli ultimi incensi sull’altare erano diventati cenere ed il loro odore si era disperso fra le prime luci dell’alba, il cancelliere del dio Anubi uscì dal tempio per recarsi ai laboratori di imbalsamazione lungo il Nilo, dove procedeva a rendere immortali le spoglie di nobili e regnanti ormai da molto tempo. Seguendo i consigli di Anubi, approntò una nuova mistura di natron, resine e spezie, che avrebbero garantito una conservazione perfetta dei corpi, di gran lunga migliore rispetto al passato.
Pochi giorni dopo, la carovana Reale fece rientro a Tebe. Straziati dal dolore, schiavi, balie e persino la principessa Neferuru e la Regina Hatshepsut si recarono personalmente a restituire lo sgualcito Fiore del Deserto, la piccola Net, al padre. Trovarono un uomo dal volto più enigmatico e solenne di quello che avevano lasciato, che prendendo con grande delicatezza tra le braccia il piccolo cadavere avvolto nei lini più pregiati e profumati, si abbandonò al trasporto di un’unica domanda: Come.
La Reggente prese la parola: <<O sacro Khetemu-Netjer, ero andata a Giza a cercare all’ombra degli antenati dimora per il ka dei miei discendenti, ma il potente Anubi per mano del nostro adorato Fiore del Deserto ci ha mostrato un’altra strada. Compiuti i sacri riti per onorare Anubi ed i morti, le nostre figlie giocavano nei pressi della grande sfinge. Gli schiavi avevano lasciato un catino d’acqua per la manutenzione su una delle grandi zampe. Si alzò uno strano vento quando le nostre figlie si trovavano li, ed il catino cadde su di lei, pesante e ricolmo di acqua, sgualcendo i suoi petali e cospargendoli di rugiada. Non ci fu nulla da fare. Io stessa raccolsi le sue ultime parole, con le quali lei mi disse “Grande Regina, non a Giza, comanda Anubi, ma a Tebe” e poi aggiunse sorridendo “che non pianga, il mio adorato padre, ma mi prepari degnamente ad accoglierlo quando ci ricongiungeremo nel Duat”. Grazie a lei, sacra ad Anubi quanto Voi, ho deciso di far costruire qui, a Tebe, la più maestosa composizione funeraria che l’Egitto abbia mai visto, dove Noi e la Nostra discendenza divina, saremo sepolti. Quindi non piangere tua figlia, Sefireth, ma preparala, come lei stessa ti disse, per l’aldilà, poiché avrà il più grande degli onori, come potentissima sacerdotessa bambina del dio Anubi, ed è insieme a Noi ed ai reali faraoni, nella Valle dei Re e delle Regine, che verrà sepolta e vivrà in eterno.>>.
Molto bello. Sarò in giuria ed è un compito veramente difficile!