Come Salvini ha usato Savona per fregare Mattarella

in #ita6 years ago (edited)

Altro che "Mattarella ha uscito il ca**o!", espressione che negli scorsi giorni ha rieccheggiato nei saloni digitali degli ambienti più europeisti e avversi al progetto politico sovranista gialloverde come attestato di stima per la fermezza opposta dal Presidente della Repubblica alla nomina del ministro che avrebbe dovuto concretizzare la fuoriuscita dell'Italia dall'Euro, il fino a pochi giorni fa sconosciuto ai più ma oramai celeberrimo professor Paolo Savona. L'opinione del sottoscritto è che Salvini abbia con successo teso una nemmeno particolarmente raffinata trappola politica al navigato statista di scuola democristiana, e che quest'ultimo vi sia cascato in pieno.

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Spread e mercati

È riuscito infatti il leader leghista nell'impresa quasi impossibile di scaricare su altri anche la responsabilità dello spread a 600, ineluttabile antipasto ed anticipazione delle ancor più gravi sorti cui andrà incontro il Paese seguendo la rotta tracciata dal "capitano" Salvini.
Si illude il Presidente se pensa di aver comprato in questo modo del tempo utile a trovare un leader alla Macron capace nei prossimi mesi di organizzare un fronte repubblicano europeista da opporre all'ormai egemone fronte sovranista, si illude se pensa che l'Italia possa essere salvata da una esperienza di governo populista come si è salvata la Francia, si illude se pensa di tranquillizzare i mercati con un governo che nasce zoppo e con una prospettiva di vita non superiore ai 4 mesi, si illude se pensa che gli elettori capiranno che nei prossimi mesi lo spread sarà salito per colpa di quelli che nella loro percezione sono stati tenuti lontano dal governo piuttosto che di quelli che lo occupano.
I mercati si muovono sulla base delle attese, del futuro che si prospettano, non del presente: l'incantesimo della fiducia che li ha tenuti calmi nelle settimane che hanno seguito le votazioni del 4 marzo si è spezzato nel momento in cui è stata resa pubblica la bozza di accordo programmatico che ha messo in luce le reali intenzioni dei vincitori; non è che una miope ingenuità il tentativo di tranquillizzarli rimandando l'inevitabile di qualche mese, soprattutto quando questo stesso tentativo sarà artefice del loro rafforzamento. Che argomento sarà rimasto a disposizione di chi si oppone al progetto politico delle forze sovraniste quando quando lo spread sarà salito a 600 sotto il governo di quelli a cui è stato affidato per evitare che lo spread arrivasse a 600?

Eh ma la costituzione...

Il fatto che ci si sia persi a discutere circa la circa la legittimità costituzionale della scelta di Mattarella è indicativo di quanto poco si sia capito della situazione politica in cui versa l'Italia e di quanta strada ci sia da percorrere per la costruzione di un'alternativa che riconquisti il consenso popolare. Non c'è dubbio che Mattarella, profondo conoscitore della costituzione, non abbia compiuto mezzo passo fuori dal perimetro che la Carta ha stabilito per il ruolo che egli ricopre: l'articolo 92 recita chiaramente che è il presidente della repubblica a conferire l'incarico ai ministri, su proposta, non su indicazione o scelta, del Presidente del Consiglio; l'articolo 68 stabilisce che il PdR assicuri il rispetto dei trattati e dei vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia ad organizzazioni internazionali e sovranazionali e gli conferisce quindi il potere di porre dei paletti all'azione del governo ; del resto, l'idea che gli eletti debbano poter governare senza vincoli è smentita sin dall'articolo 1, secondo il quale il popolo esercita la sovranità nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Il problema di tali discussioni, interessantissime per noi appassionati, sorge quando queste vengono utilizzate come argomentazioni politiche, finendo per apparire quindi velleitarie e fini a se stesse. Il problema è il tentativo di ricondurre e ridurre problemi che sono politici a questioni giuridiche. Il fatto che il Presidente abbia la possibilità di fare qualcosa non significa che sia anche obbligato a farla: crisi per crisi, avrebbe potuto fare miglior uso della sua autorevolezza e mostrare la sua fermezza pronunciando un discorso in cui rivendicasse la sua possibilità, in quanto PdR, di respingere le proposte dei ministri, ma in cui spiegasse altresì di aver ritenuto di non esercitare tale possibilità al fine di mostrare fiducia alle forze che hanno vinto le elezioni, confidando sul fatto che esse non avrebbero messo in pericolo i risparmi degli italiani con l'uscita dall'Euro, come da loro rassicurato sia pubblicamente che privatamente e su cui per altro non hanno raccolto il dovuto mandato elettorale.
A quel punto la patata bollente sarebbe stata in mano ai populisti. Se fossero andati avanti col loro piano B ci sarebbe stata la speranza che gli italiani, che oggi democraticamente e legittimamente li supportano e credono in loro, facendo i conti a quattrocchi con cosa significhi concretamente il default, rivedessero le loro posizioni. Se i populisti, posti faccia a faccia con la realtà del governo, acquisita la giusta consapevolezza delle conseguenze dei loro progetti avessero desistito ed avessero rinnegato le loro politiche come ha fatto Tsipras, tanto meglio. Continuare ad insistere, dopo l'esperienza del governo Monti, nel tentativo di trovare per i problemi italiani una soluzione tecnica piuttosto che politica e democratica, di allontanarli con espedienti di varia natura piuttosto che affrontarli di petto attraverso un'esperienza diretta che, per quanto traumatica, inneschi un processo di maturazione democratico, equivale a tentare di curare il cancro con un cerotto.

La posta in gioco

Il vero pericolo per l'Italia a questo punto non è più il default economico, ma quello politico e democratico. Il pericolo è che si superi quel punto di non ritorno dopo il quale, in virtù dell'emergenza, al nuovo governi si legittimi qualsiasi restrizione di libertà economiche, personali e politiche. E sappiamo bene quanto i regimi che nascono in questi frangenti e con questi mezzi siano efficaci nel mantenimento del consenso, e quanto sia difficile poi scrollarseli di dosso.

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Anche a me sembrava una trappola, invece si è rivelata solo una perdita di tempo (un paio di giorni).
Secondo la loro stessa narrazione, Di Maio e Salvini hanno ceduto ai poteri forti, accordandosi per un altro ministro dell'economia :D

Secondo me lo stesso Mattarella ha capito che tentare di forzare un governo tecnico e tornare alle elezioni in queste condizioni sarebbe stato solo un problema per il Paese. Fortunatamente anche Gigino (o chi lo consiglia) si è un attimo svegliato, ha dato un'occhiata ai sondaggi ed ha capito che Salvini stava fregando pure lui, passando per il vero dominus della situazione. Con l'offerta da lui presentata al Colle Di Maio ha recuperato un minimo di iniziativa, concesso al PdR di tornare sui suoi passi senza perderci la faccia, e nel contempo messo all'angolo Salvini.

Io la leggo al contrario, cioè Mattarella ha fatto di tutto per avere un governo politico, ed è lui ha salvato la faccia a Di Maio - ricevendolo dopo essere stato accusato di alto tradimento.
Mattarella non è tornato sui suoi passi, anzi ha ottenuto quello che voleva: un altro nome al ministero dell'economia. Il fatto che Savona sia comunque dentro il governo era già una condizione che Mattarella poteva soddisfare, anche senza lo strappo (impeachment ecc).
Non capisco la marcia indietro di Salvini. Chiaro che Savona era solo una scusa per tornare al voto. Ma perché cambiare idea?

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