Il racconto di Vitalba, terza e ultima puntata

in #ita5 years ago

Le tre ragazze si occupano di me, non mi portano cibo, solo le loro strane bevande che danno forza.
Michelle è molto bella. Mano a mano che la conosco meglio, sento che veramente possiede qualcosa … cosa non so. Qualcosa in più.
Se le sue sorelle mi ristorano con le bevande, Michelle non ne ha bisogno. Basta il suo sguardo di regina.
Poi, a un certo momento, mi sento davvero più forte, più serena. Non so bene cosa sia accaduto, vorrei vedere Edoardo e Mirta, ma so che ancora devo attendere.
Il tempo di questa vicenda non lo so valutare.
So solo che Gabriela, a un certo punto, è venuta a parlarmi. Mi ha detto poche cose, ma ha comunicato con il suo tocco delicato.
Le lacrime hanno cominciato a scendere.
Allora è arrivata Raphaela con una delle sue bevande, stavolta era rosa.
Infine è giunta Michelle che mi ha detto:
“Sei pronta, ora puoi tornare a casa”
“Ma voi chi siete? E perché avete fatto questo per me?”
“Non hai capito? Siamo angeli. Michelle, Raphaela e Gabriela”
“Ma io credevo…”
“Che gli angeli fossero maschi?”
Tutte e tre ora sorridevano e mi si sono fatte intorno con particolare premura.

Poi c’è un vuoto.

Ho aperto gli occhi ed ero in ospedale, in un letto bianco. Vicino a me sedevano mia madre e Flora, entrambe dall’aspetto distrutto, con pesanti occhiaie.
“Vitalba, tesoro” ha detto mia madre.
Sia lei che Flora hanno cominciato a piangere e mi abbracciavano.

Il giorno di Pasqua, Edoardo ha perso il controllo dell’auto, forse a causa di un animale che ha attraversato la strada e la macchina è uscita di strada finendo contro un albero.
Edoardo e Mirta sono morti sul colpo.
Io sono rimasta in coma per quasi un mese. Miracolosamente risvegliata, hanno detto i medici.

Il periodo successivo è stato terribile.
Fisicamente mi sono ripresa abbastanza velocemente, ma lo spirito era a terra. Mi sentivo in colpa per essere viva, devastata per l mancanza di Edoardo e di mia sorella.
Il dolore dei miei genitori era insostenibile e l’unico appiglio è stata Flora. Il nostro legame si è stretto ancora di più e ci siamo fatte forza l’un l’altra, da allora e per sempre.
Lei è mancata due anni fa e della nostra famiglia originaria sono rimasta solo io che non mi sono mai sposata e ho dedicato tutta la mia vita, dopo quel giorno maledetto, alla mia professione (mi sono poi laureata e specializzata in pediatria), ma anche allo spirito.
La fede mi ha sostenuto.
E poi c’è stata la grande gioia della nascita dei figli di Flora, qualche anno dopo, Michele, Raffaele e Gabriella.
Ho scelto io i nomi, come madrina e zia amorosa.
Li ho amati come se fossero stati miei figli.
Sono cresciuti e, a loro volta, hanno messo su famiglia.
Li amo tutti, ma, come dicevo inizialmente, Irene, la più giovane, figlia di Gabriella, è la luce dei miei occhi.
Ha trentaquattro anni adesso e anche lei è pediatra.
Non mi abbandona mai, so che mi vuole davvero bene ed è per questo che ho voluto regalarle questa storia, finora segreta.
Io sono certa che capirà: non è stato un sogno, né l’effetto del trauma cranico.
Le ragazze angelo mi hanno davvero aiutato e sostenuto per tutta la vita a sopportare quel grande dolore e a trasformarlo in amore e servizio.
So che presto ci rivedremo, questa volta per rimanere per sempre in una luminosa contemplazione.

FINE

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